Il mese più lungo: Il sequestro Sgrena e l'omicidio Calipari (I nodi)



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A dieci anni dal sequestro in Iraq di Giuliana Sgrena e dal suo tragico epilogo, un protagonista ricostruisce gli eventi, il clima di quei giorni, i ruoli e le responsabilità.

4 febbraio 2005. Giuliana Sgrena si trova a Baghdad. È il settimo viaggio iracheno per la giornalista del «manifesto» che racconta la guerra sul campo. In Italia, il dirigente del Sismi Nicola Calipari è in partenza per le ferie con la famiglia. Ma dovrà presto fare ritorno a Roma. Quella che sembrava una giornata come tante, infatti, si trasforma nell’inizio di un incubo. Alle 12.30 arriva in redazione al «manifesto» la notizia del rapimento di Giuliana Sgrena. In poco tempo le stanze di via Tomacelli si riempiono di compagni di lavoro, amici, militanti e dirigenti politici che portano solidarietà, e di giornalisti italiani e stranieri alla ricerca di notizie. Sarà così ogni giorno, per un mese intero. Oltre ai parenti e al compagno, la famiglia di Giuliana è quel quotidiano, una comunità giornalistica e politica, un soggetto pubblico: peculiarità, questa, che rende unico il caso, lo trasforma in un evento e lo politicizza, complicandolo. «Il manifesto» viene coinvolto in una vicenda piena di segreti, costretto a nasconderli, persino a collaborare con chi li custodisce. Tanto che si avverte la sensazione - scrive Gabriele Polo - di «violentare il proprio mestiere di giornalista, scegliere cosa dire e cosa tacere». In questo libro l’ex direttore del quotidiano comunista rivela particolari inediti e racconta quei giorni nell’Italia di allora, immersa nel bipolarismo tra berlusconiani e antiberlusconiani: l’imbarazzo della politica, stretta tra i doveri dell’alleanza con gli Stati Uniti e un’opinione pubblica che ha subito la guerra senza condividerla; le manifestazioni che risvegliano il movimento pacifista italiano; le lotte interne all’intelligence che mettono a rischio la missione di Calipari; le trattative; le riunioni di Palazzo; la notte tragica con la gioia della liberazione che diviene sgomento per la morte del dirigente del Sismi; le reazioni sulla stampa; i processi, l’assoluzione finale e lo sconforto di fronte a un sistema che si limita a sancire l’ineluttabilità degli eventi, celebrando «l’eroe Nicola Calipari». Ripercorrere quella vicenda oggi vuol dire non solo far riemergere tutte le contraddizioni del caso, ma dare un volto al Paese che siamo stati e che siamo. .