La Stagione Delle Mutande



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Se vivessi a metà ottocento, in un’Italia dalle pulsioni risorgimentali, turbolenta e maschilista, chissà cosa avrei postato sulla mia paginetta social? Probabilmente mi sarei nascosta dietro un falso profilo raccontando verità sul mondo e bugie su di me (celando ogni traccia utile a identificarmi). Scriverei cose che scriverebbe oggi una mia coetanea in una delle nazioni irrequiete di questo mondo.
La mia storia è quella del mio diario “social” qualora fossi vissuta nel lontano (ma già digitale) 1848.
Due parole su di me. Chiedo perdono (già in partenza) per la sfacciataggine.
Flo, per gli amici.
Lavoro con bilanci, organigrammi e numeri, operazioni societarie ed affini. Lavoro con e per imprese (spesso, grandi). Vivo (professionalmente) in ambienti maschio-centrici dove si campa di reputazione (meglio se malvagia e cinica) e riservatezza (maniacale). Dove le giornate sono lunghe giornate fatte di riunioni e problemi (spesso cretini). Frequento abitualmente stazioni, taxi, alberghi, aeroporti e ristoranti.
Tendo a fidanzarmi solo provvisoriamente (non troppo, un pochino, non eccessivamente, all’incirca).
In tre parole: sono spietata, in carriera (e in viaggio).
Sono anche una penna cialtrona catturata dalla voglia di raccontarsi allegramente. Tra i miei pruriti annovero gli uomini, la libertà, la rivolta. Ho approfittato d’un treno o d’un volo aereo per scrivere a vanvera (e vigliaccamente) sul Web. I miei amichetti virtuali mi hanno strigliata, bacchettata, indirizzata, alcuni mi hanno anche amata. Con altri abbiamo fatto amicizia (siete adorabili!).
Ho preso il castello di frivole avventure che avevo costruito “dal vivo”, l’ho inserito nel contesto che avevo preparato, l’ho assemblato come avrei voluto. Curiosa di vedere se possiamo (adesso) ammirare i nostri nonni e le nostre nonne battersi per le libertà che hanno (eroicamente) regalato a tutte noi, le loro nipotine.
Inutile dirvi che ho fatto tutto questo (a modo mio) per puro egoismo: ho voluto contribuire alla mia futura libertà. Quella che vorrò anche fra cinquant’anni (in preda alla demenza senile) quando proverò a ballare inneggiando ai pettorali dell’infermiere. Sicura (illudendomi) di potermelo portare a letto!



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